Riflessioni sulla dottrina del Rito Scozzese Antico ed Accettato

Una delle critiche che vengono rivolte alla Massoneria, perlopiù da fonti confessionali, è quella di non possedere una dottrina, ma soltanto un metodo di lavoro che per i suoi assunti la colloca nel vago e insoddisfacente dominio del relativismo1 [1 = vedi ad esempio: M. Introvigne, La Massoneria, Torino 1999]. Ricordo che secondo questa visione la verità, la sapienza assoluta, la gnosi, non è raggiungibile per definizione, anzi forse nemmeno concepibile, tutte le conoscenze e le opinioni umane sono approssimazioni imperfette, determinate da uno specifico periodo storico o da una certa cultura, modificabili e superabili al variare del tempo o dello spazio, quindi tutte solo moderatamente legittime, accettabili con estrema prudenza e destinate nel tempo a svanire o a mutare.

Questo atteggiamento deriverebbe, secondo alcuni, dal fatto che il pensiero massonico, che in questo senso sarebbe sostanzialmente vanificato in quanto anch’esso relativo, non è in grado di poggiare le sue eventuali affermazioni, siano essi etiche, scientifiche o metafisiche, su un apparato di riferimento assoluto e incontrovertibile.

In un certo senso questa critica potrebbe persino piacere a certi massoni poco avvertiti, che non sono sempre consapevoli del fatto che dichiarazioni, all'apparenza innocue e persino attraenti, che affermano che in Massoneria non esistono dogmi, che ogni opinione è lecita e rispettabile, che la libera ragione umana è l'unico sistema di misura accettabile, possono condurre a una forma di rozzo empirismo o positivismo scettico, che in ultima analisi non può che ridursi al silenzio, rinunciando, in perfetta coerenza, a qualunque opinione.

Questa critica si fonda su un'interpretazione del fenomeno massonico basata su due analisi entrambe erronee, ma curiosamente accettate in larga misura sia da massoni che da chi non ha mai frequentato i Templi.

La prima considera come la più alta espressione della dottrina libero muratoria il pensiero espresso da alcuni intellettuali che furono anche massoni e che talvolta la stessa Massoneria ha voluto annoverare tra i suoi adepti più importanti. Senza citare nomi, ad evitare una sciocca fonte di polemiche sterili, comunque non utili per l'esame che vogliamo approfondire, notiamo che dovrebbe invece sembrare ovvio, almeno per i fratelli, che la dottrina massonica, se esiste, non può che trovarsi nella sua tradizione esoterica, così come si è espressa in cerimonie, rituali e simboli, e che soltanto lì, nel luogo e nel modo tradizionale, unico legittimo, di conservazione di trasmissione la si può e deve cercare. Non certamente negli scritti profani di singoli uomini, per quanto interessanti o acuti.

Il secondo errore nasce, e si perpetua, nel voler giudicare la Libera Muratoria esaminando gli insegnamenti che appartengono al primo dei suoi gradi, quello di Apprendista. Anche in questo caso la confusione è sorprendente. In un sistema graduale dovrebbe sembrare chiaro a chiunque che all'inizio della scala iniziatica non potranno che appartenere le conoscenze meno importanti e più insignificanti. Non a caso in quasi tutte le Obbedienze l'Apprendista non possiede nemmeno la totale qualificazione massonica, per indicare che è un punto di confine con un occhio ancora rivolto al mondo profano, un ulteriore esame prima di decidere se il candidato è adatto per proseguire il cammino iniziatico. Era così anche in altre illustri tradizioni cui amiamo ricollegarci, come, per fare un esempio ben noto, quella pitagorica, dove ritroviamo il silenzio imposto per anni al neofita. Praticare quasi esclusivamente questo grado, continuare a rimuginare pensieri vani sui suoi contenuti e presentarli come l'essenza stessa della Massoneria, è quantomeno stravagante.

* * *

Se tutto ciò è vero per la Massoneria in generale, lo è evidentemente ancora di più per il Rito Scozzese Antico ed Accettato che nella sua scala iniziatica propone un insegnamento rigoroso che non ha nulla di relativo.

Lo vedremo esaminando, in modo succinto e nei limiti di una pubblicazione aperta, i punti salienti della dottrina, non esitiamo chiamarla così, che appartiene alla tradizione scozzese2 [2 = Qui e nel seguito useremo l’aggetivo scozzese nel senso di appartenente al RSAA].

Non entreremo qui negli infiniti problemi storici che si propongono nell'analisi del Rito relativi alla sua origine, alla sua formazione e alla sua strutturazione definitiva. È un argomento affascinante, che è ancora in corso di approfondimento e di dibattiti a volte molto accesi anche in ambito libero muratorio. Tuttavia se ammettiamo, come qualunque massone scozzese converrà, che il RSAA è una struttura tradizionale che ha avuto il compito di raccogliere e trasmettere un messaggio iniziatico sulla base di quello che dobbiamo definire un impulso spirituale, e che il suo insegnamento è esoterico in quanto trascende le normali facoltà umane e si rivolge a una capacità di intellezione e di esperienza che non appartiene al mondo della profanità, ne consegue necessariamente che anche la sua storia non potrà che essere metastoria, e una sua indagine condotta soltanto con metodi profani, utilizzo volutamente di nuovo questo aggettivo, non potrà che essere molto parziale e portarci a risultati estremamente limitati e discutibili.

Per brevità tralasciamo inoltre qui ogni considerazione sugli apporti che la Massoneria in generale, e il Rito Scozzese in particolare, possono, e in un certo senso debbono, avere ricevuto da una Tradizione più ampia e antica che nel tempo si è manifestata in vari modi, legati immancabilmente alle circostanze che ne hanno determinato la necessità. È comunque importante ricordare che i collegamenti spirituali con le manifestazioni di una Tradizione che è stato spesso definita primordiale, sono in realtà gli unici a costituire la vera regolarità massonica, e a determinare la legittimità del Rito stesso.

Tutto ciò quindi ci autorizza a considerare il Rito della sua forma attuale come un paradigma cui era destinato sin dall'inizio, come un albero il cui seme portava già tutte le forme che avrebbe in seguito acquisito, e ci consente di studiarlo così come è, come si presentò sulla scena del mondo al momento della nascita dei primi Supremi Consigli.

* * *

Si è detto, molto giustamente, che il terzo grado, o grado di Maestro, non è l'ultimo dei gradi simbolici, ma il primo degli “alti gradi”. Questa affermazione è tanto più vera se approfondiamo il suo esoterismo.

Il grado di Maestro, con una leggenda incentrata formalmente su un episodio biblico, ma che se ne discosta sia sul piano sostanziale che su quello formale, ci descrive un dramma che sarebbe avvenuto durante la costruzione del Tempio di Salomone. Ne ricordo succintamente i punti salienti.

Salomone, Hiram re di Tiro e Hiram l'architetto dirigono i lavori di costruzione, tracciano i piani e li fanno eseguire, grazie al possesso di una particolare conoscenza, quella di una eccezionale parola, la Parola di Maestro, che solo essi conoscono e che solo se sono tutti e tre presenti, e in modo molto singolare, può essere pronunciata.

L'assassinio dell'architetto Hiram da parte di tre compagni che cercano vanamente di farsi comunicare questa conoscenza magistrale porta alla perdita della parola, e interrompe i lavori della costruzione.
Fermiamoci e cerchiamo di chiarire le prime conclusioni.

Il significato esoterico è piuttosto trasparente. Una tragedia cosmica ha deviato dal buon fine la Creazione, o meglio la Formazione di questo nostro mondo. Notiamo che in tutta la tradizione scozzese non si parla mai di creazione del mondo. I rituali ci riconducono sempre a un simbolismo architettonico, sin dal nome del presunto Essere Supremo. Lo stesso motto del RSAA, Ordo ab Chao, si riferisce alla realizzazione di una struttura ordinata, partendo da una situazione caotica preesistente. Per usare una terminologia cabalistica, quello di cui si parla è il problema della Yetsirah.

Ora, ritornando al nostro mito, la tragedia introduce una deviazione nella costruzione del Tempio, cioè un errore ontologico nella formazione del mondo. È il riconoscimento di un Male che non è relativo, né eliminabile con mezzi umani, profani, perché insito nella stessa manifestazione universale. Solo il ritrovamento della Parola Perduta potrebbe permettere di ricostruire i piani originari del Tempio, e quindi di condurne a buon fine l’edificazione, e questo diventa, dal momento della presa di coscienza del problema, il compito dei fratelli scozzesi, la causa del lungo cammino che dovranno intraprendere.

Va notato un altro punto particolarmente importante, senza il quale tutto l’insieme del RSAA diventa incomprensibile e paradossale.

La Parola era posseduta da un sacerdote, Salomone, da un re, Hiram di Tiro, da un artigiano, Hiram, cioè era la summa delle tre tradizionali vie iniziatiche3 [3 = Per usare una terminologia cara a Guénon, e forse più chiara per molti, le tre vie corrispondono alle tre caste superiori, Vaisya¸Ksatriya e Brahmani. Evidentemente l’ultima casta e quella dei “fuori casta” sono escluse da questo problema. Per dirla con R. Alleau, sarebbero i “non iniziabili”.]. A causa del dramma hiramico tutte hanno perso contemporaneamente il loro fondamento, e solo con un recupero totale la Tradizione può essere ristabilita. Ne consegue che solo riprendendo, nell’ordine gerarchico tradizionale, i tre cammini di ricerca, la Parola effettiva può essere ritrovata, e l’errore essenziale, ontologico, corretto, mentre, in questa fase del ciclo, chi ritenesse di possedere una qualificazione iniziatica avendo completato uno solo dei tre percorsi, si ingannerebbe profondamente. In realtà si tratta di riacquistare Tre Parole, non una sola4 [4 = È interessante ricordare che uno tra i primi testi alchemici che arrivarono nell’Occidente medievale, attribuito tradizionalmente a Khalid ibn Yasid, presunto allievo di Morieno Romano, si intitola Libro delle Tre Parole.].

Questo perciò - l’unico completo e legittimo - sarà, come vedremo, il tracciato del RSAA.

Si danno anche altri insegnamenti in questo grado ricco di valori esoterici, ma qui siamo costretti a tralasciarli. Sottolineo però le due caratteristiche fondamentali, una di estremo pessimismo, il male non è relativo, ma intrinseco e sostanziale alla manifestazione, e l’altra di estremo ottimismo, i maestri scozzesi sanno che esiste una soluzione a questa sventura e che è alla loro portata, o almeno di qualcuno di loro, trovarla.

* * * 
 
Il primo obiettivo, dal 4° al 14° grado è morale. Non si può pretendere di ottenere nessuna realizzazione spirituale se questa non poggia su un’etica superiore, praticata perfettamente.

All’inizio si ribadisce che gli assassini di Hiram sono ancora tra noi, cioè che il Male etico è sempre presente in un’infinita e variegata serie di forme.

Il Maestro imparerà ad individuarle, cioè a trovare gli assassini, uno dopo l’altro, e li eliminerà, ne farà giustizia nei cosiddetti gradi di vendetta.

Si deve comprendere che questa vendetta, il racconto di queste esecuzioni che possono sembrare persino truci, è la descrizione della riparazione del male morale, la sua graduale soppressione.

Nei suoi passi successivi il Maestro apprenderà di volta in volta il valore della giustizia, della pace, della tolleranza, dell’amore fraterno, della sincerità, della fedeltà, della benevolenza, della carità.
In particolare sin dall’inizio avrà appreso le virtù del Dovere e dell’Obbedienza, che si riassumono, essotericamente, nella liberazione dal proprio egocentrismo, ed esotericamente nel difficile compito di affrancarsi dal proprio io e dai suoi condizionamenti.

Prossimo alla fine, del Maestro si potrà allora dire che ha nome Gibulum, “che vuol dire che è un uomo buono5 [5 = Qui e nel seguito i rituali citati, dovunque possibile, saranno i più antichi che possediamo del RSAA, cioè quelli registrati nel manoscritto di Francken del 1783, nella traduzione che devo alla cortesia del fr. Maurizio Nicosia].

Solo giunto a questo punto di perfezione etica meriterà di ottenere l’eredità di Enoch, che risale a prima del Diluvio Universale, cioè potrà ricongiungersi con la Tradizione Primordiale, antecedente a quella hiramica, e potrà trovare la prima Parola. Tuttavia non ne conoscerà ancora la pronuncia. Dovrà essere distrutto il Primo Tempio, e seguire una prova di dolore, di delusione e di espiazione, rappresentata dall’esilio, perché possa pervenire anche a questa conoscenza che comprende quella dei numeri misteriosi. Questo avverrà nel 14° grado, chiamato Perfezione, Apice della Massoneria, dei Grandi Eletti Perfetti e Sublimi Maestri, che si conclude dicendo:

Miei cari Fratelli, La Parola che fu persa è, adesso, di nuovo ritrovata. Serbiamola nella parte più profonda del nostro cuore; entriamo adesso nel silenzio avendo massima cura di non macchiare i nostri cuori con qualche vizio.
Il Maestro è diventato un Massone Perfetto, e si conclude il cammino prettamente muratorio. Si è ottenuta la completa iniziazione artigianale o architettonica.

* * *

È evidente che se non avessimo premesso che le parole in realtà sono tre, a questo punto non si capirebbe perché dover proseguire. Mentre ora, invece, incomincia una seconda serie di prove, di istruzioni, di gradi rivolti alla seconda via iniziatica, quella regale, cavalleresca o eroica.

All’inizio, in realtà, c’è il tentativo protervo di costruire un Tempio, il Secondo, quello di Zorobabele:

D. Dove opera, al momento attuale, il Grande Eletto, considerando che egli non ha più una terra?
R. In luoghi segreti per riedificare… la costruzione disgregata dai traditori.

È l’errore, che ancora oggi si manifesta, di chi ritiene che ritrovata la prima Parola il compito sia finito e che questa sia sufficiente, cioè che l’iniziazione artigianale o muratoria sia il completamento della via iniziatica.

Ma, come è noto, e come viene insegnato, anche il Secondo Tempio è distrutto: mancava qualcosa.

La leggenda simbolica del tempio di Zorobabele e il racconto della sua distruzione non vogliono soltanto insegnarci che tutte le costruzioni non possono che essere imperfette sinché non sia stato corretto totalmente, nelle sue tre componenti etiche, cosmiche e metafisiche, l'errore primordiale, e quindi destinate, come tutto nella manifestazione attuale, alla corruzione e alla morte. È anche, pur se solo accennata, l’indicazione di un punto chiave della Tradizione originaria che vuole rammentare la ciclicità del tempo, la crisi che segna la metà di ogni ciclo, con il passaggio da un contatto diretto con il Centro Primordiale a un rapporto più mediato. Possiamo dire succintamente che con l'edificazione del Secondo Tempio, cioè nella seconda metà del ciclo, il messaggio iniziatico si è per così dire diluito. Melchisedek viene sostituito da Aronne, Salomone da Zorobabele, la Tradizione tende ad assumere una sempre più marcata forma religiosa ed essoterica, che si manifesterà completamente con la distruzione del Secondo Tempio, quando il contatto con il Centro si interromperà per i più, entrando in uno stato che si è talvolta definito dell'occultamento.

All’occultamento infatti apparterrà il Maestro che nel 14° grado si è ricongiunto al Centro, la segretezza è una delle sue virtù. I taoisti direbbero che è diventato un uomo vero. Proprio per questo ora è qualificato per diventare un Cavaliere, errante pellegrino che abbandona il cantiere, rifugio imperfetto ma in qualche modo protettivo, per avviarsi nel mondo manifestato, per penetrarne i misteri.

Il cavaliere della leggenda è un giovane, forte di animo e di corpo, che si incammina nella foresta, nella silva, cioè la hyle, la materia, alla ricerca della sacra coppa della conoscenza.

È evidentemente un cammino gnostico.

Abbiamo detto che è giovane, è importante, è la sua caratteristica principale. Come insegna Corbin6 [6 = H. Corbin, La Chevalerie spirituelle, in En Islam Iranien, tome IV, Paris, 1972]:

la “juvenilitas” nel suo senso tecnico, che qui è il senso spirituale, è una parola che designa una giovinezza su cui il tempo non ha presa, perché è una riconquista sul tempo e le sue sclerosi. La parola si riporta allora alla giovinezza propria degli esseri spirituali… 
Quando il mistico, dopo essersi progressivamente liberato nel corso del suo cammino “interiore” dai legami delle passioni dell’anima carnale, arriva alla stazione del “cuore” (l’uomo interiore, l’uomo vero) nello stesso tempo è arrivato alla dimora della giovinezza.
La strada da percorrere è infida, pericolosa, intralciata da mille difficoltà, da mille dubbi, da mille delusioni. Il cavaliere cercherà la conoscenza nelle molteplici risposte che l'uomo si è dato, o ha creduto di trovare, nei secoli della sua storia, e che ha cristallizzato in tante fedi e in tante scienze. Il percorso gnostico le incontrerà tutte, le dovrà visitare tutte, da quelle dei cristiani, ai drusi, agli abitanti dell'Estremo Oriente, dalla matematica, all’astronomia, alla fisica, alla chimica, alla fisiologia, alla psicologia.

Sarà però sempre guidato, in modo più o meno palese, da una tradizione antica e che infine si rivela pienamente nel 28º grado. È la Tradizione Ermetica che il Cavaliere del Sole, Principe Adepto, incontrerà nei fuochi accesi e ardenti del laboratorio alchemico.

Non possiamo non arrestarci, per un momento almeno, su questo grado che ha suscitato l’ammirazione e l’interesse di tutti i più grandi studiosi della Massoneria, dal Mackey che scrive che di tutti gli alti gradi è forse il più importante e il più interessante per lo studioso che vuole ricercare il vero segreto dell’Ordine7 [7 = Mackey, An Encyclopaedia of Freemasonry, New York, 1919.] ad Albert Pike che gli consacra nel suo Ritual and Dogma più di duecento pagine.

Abbiamo detto che il Cavaliere, per giungere all’illuminazione della vera e completa gnosi ha dovuto studiare e conoscere tutte le fedi e le scienze umane. Questa chiaramente è la visione essoterica. Esotericamente, come qui viene reso esplicito, è risalito non solo ad Enoch, ma ad Adamo, cioè alla fonte stessa della Tradizione umana, è lì ha conosciuto gli arcani del mondo e della natura, ha visto lo Spirito Universale, Anima del Mondo, la prima e più pura emanazione del Mistero divino, che effonde luce su ogni cosa, e infine gli sono stati svelati i segreti della Grande Opera.

Il simbolismo è così pregno, che conviene per darne almeno il sapore, lasciar parlare il rituale stesso, citando qualche passo dell’istruzione del grado:

D. Cosa rappresentano le tre S?
R. Le tre S mostrano che la Saggezza unita alla Scienza crea un Santo.



D. Cosa significano i sette Pianeti?
R. Essi sono le luci del globo terrestre e al loro influsso deve la propria esistenza ogni materia formata per la concordia dei quattro elementi indicati dai quattro triangoli che sono in realzione ad essi come i quattro maggiori Pianeti.



D. Quale influsso hanno i sette Pianeti sui quattro Elementi?
R. Tre sostanze universali di cui sono composti tutti i corpi, Anima, Spirito e Corpo, altrimenti Sale, Zolfo e Mercurio.

D. Cos’è l’Anima o Sale?
R. L’Anima donata dall’Eterno Supremo e dai Pianeti agenti della Natura.

D. Cos’è lo Spirito o Zolfo?
R. Una sostanza fissa soggetta a diverse produzioni.

D. Cos’è il Corpo o Mercurio?
R. Una sostanza informata o maturata a certe forme per mezzo dell’unione del sale e dello Zolfo, ovvero con la concordia dei tre soggetti della Natura.



D. Cosa significa la parola8? [8 = Qui e nella risposta, in questa pubblicazione, è evidentemente richiesta la riservatezza.]
R. La parola di passo dei Filosofi, che indica […], o Materia Prima di tutte le cose.

Si comincia a manifestare la Seconda Parola, che si perfezionerà simbolicamente nel 30° grado con il completamento dell'iniziazione eroica o regale e l’acquisizione del titolo di Kadosh¸ Santo, come era stato preannunciato nel catechismo appena esaminato.

Diventato Cavaliere Templare, scoprirà che altrove va cercata la patria celeste dello gnostico, che la Parola, il Nome, trascende qualunque suono umano, che la conoscenza, la Gnosi, non appartiene né alle scienze né alla fede gli uomini.

Il Cavaliere abbatte le colonne del Tempio, perché ha appreso che qualunque santuario in questa manifestazione, sia esso dedicato a una religione o a una scienza, è un errore sciagurato. Non vi farete idoli, gli viene ordinato e questo precetto, che qui pare paradossale e assurdo,  non lascia adito a nessun dubbio. Non vi sono luoghi di culto privilegiato su questa terra, non vi sono terre sante da proteggere, il Montsalvage, il monte della salvezza, non è più in questo mondo, il Graal è conservato in un paese inaccessibile ai profani.


Non è né una conclusione scettica, né relativistica. Riconoscere il trascendente non vuol dire negare l'Assoluto nella sua conoscibilità, ma ammettere che occorrono mezzi eccezionali e non umani per raggiungerlo, e che anche la santità del Kadosh non è se non una visione parziale e imperfetta che va superata.

* * *

In tanti si erano affollati tra le colonne della loggia di Apprendista. Nel tempo molti si sono dispersi, si sono fermati o sono stati bloccati, solo un piccolo drappello è giunto alle soglie dell’iniziazione sacerdotale dei gradi sublimi.

Non è una scelta voluta: evidentemente l’obiettivo ideale vorrebbe che tutti giungessero alla fine della lunga scala graduale. Ma una legge impone l’antica regola: molti – comunque non tutti – i chiamati, pochi gli eletti. Legge misteriosa, di cui non è dato conoscere i motivi.

Che dire di questi ultimi gradini della scala misteriosa?

Il nostro Principe Massone – ormai gli spetta questo titolo - dovrà ancora una volta scendere nelle profondità del Mistero, qui trovare finalmente il segreto della Grande Opera, il Real Segreto e, praticando ciò che nel 28°grado gli era stato solo concesso di vedere, raggiunto il culmine delle vie iniziatiche, potrà toccare con mano lo Spirito ed esclamare, come un antico e anonimo Adepto che ci ha lasciato una traccia del suo successo:

Nunc Scio Vere
Ora so veramente!

Come scrisse un grande iniziato9 [9 = Fulcanelli, Les Demeures Philosophales, tome II, Paris, 1965]: questa è parola di vera gioia, slancio di intima soddisfazione, grido di allegria che l’Adepto emette di fronte alla certezza del prodigio. Sino a lì il dubbio poteva ancora assalirlo, ma di fronte alla realizzazione perfetta e tangibile non teme più di errare… Niente del grande segreto gli è ormai ignoto.

La terza Parola Perduta è stata ritrovata. Il Dovere è stato assolto.

* * *

Crediamo a questo punto, dopo il rapido esame che abbiamo compiuto sui punti principali della dottrina del Rito Scozzese Antico ed Accettato, che possano essere rimasti ben pochi dubbi su un suo eventuale “relativismo”. Ci sembra anzi fin troppo evidente che il Rito racchiuda una serie di insegnamenti che non lasciano nessuno spazio a divagazioni personali, purché si abbia la pazienza di penetrarne umilmente e senza pregiudizi il senso esoterico, per riprenderli, uno dopo l’altro, nella sequenza logica e rigorosa che li connette.

I dubbi, se possono venire, dipendono soltanto dalla qualificazione iniziatica di chi li sta studiando o praticando.

Un grande iniziato e maestro della gnosi ermetica, un iraniano del XII secolo, Sohrawardî, giustiziato dal Califfo in giovane età per aver lasciato imprudentemente trapelare le sue conoscenze, insegnava che ci sono tre livelli che vanno dall’essoterico, all’esoterico, all’esoterico dell’esoterico, e che si possono così riassumere:

  1. La certezza teorica (’ilm al-yaqîn): sapere che il fuoco esiste, avere inteso cosa sia il fuoco.
  2. La certezza oculare (’ayn al-yaqîn): vedere il fuoco con i propri occhi, esserne il testimone.
  3. La certezza personale realizzata (haqq al-yaqîn): essere bruciato dalle fiamme, diventare il fuoco.

Come abbiamo visto – ma la Tradizione è una e la stessa, sempre e dovunque – sino al 14° grado siamo nel primo caso. Si incomincia a vedere nella seconda serie di gradi. Si tocca con mano solo alla fine e, aggiungeva il nostro sfortunato Maestro persiano: ciò che è l’esoterico a livello di un certo mondo, è l’essoterico a livello del mondo immediatamente superiore.

Per cui, infine, anche quanto abbiamo detto qui, non potrà che essere oggetto di fede o dogma per chi non abbia mai posato la mano nel fuoco.

Dogma: parola che non piace ai fratelli Liberi Muratori. Eppure uno dei più grandi tra loro, un grande scozzese, Albert Pike ha intitolato con questo termine il testo preziosissimo in cui dipana a lungo e con rara sapienza tutti i contenuti del Rito.

Possiamo cercare di renderla più accettabile forse con questa immagine.

Il Rito Scozzese è come una grande, immensa e perfetta costruzione, si pensi a una cattedrale gotica, per fare un esempio consueto, dove le vetrate, i capitelli, le sculture, i bassorilievi della facciata, i rosoni, la stessa pianta e il piano dell’edificio tutto intero siano contemporaneamente una summa di insegnamenti e un poderoso strumento iniziatico.

Possiamo visitarla come turisti, prendendo qualche foto, ammirando le opere d’arte qua e là, per poi tornarcene alla nostra vita profana felici e soddisfatti, magari con argomenti eruditi che si possano esibire con gli amici.

Oppure possiamo usarla sperando di meritare anche noi, in un giorno fortunato, di bruciare tra le fiamme del fuoco sacro.

Si te fata vocant

Fraternamente,

P. L.